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   IVO MILAN – Radical Fashion Blog

Non esistono più le mezze stagioni!

Mai come quest’anno il vecchio detto popolare è stato realistico e aderente alla sua formula stereotipata. Dopo due mesi di piogge torrenziali e temperature invernali, almeno per quello che riguarda il meteo in Italia, improvvisamente è esplosa l’estate.

Tempi non semplici per scegliere cosa mettere per non soffrire il freddo o il caldo nell’arco della stessa giornata. E le consegne rallentate dalle difficoltà nel reperire le materie prime, hanno contribuito a rendere l’assortimento dei negozi frammentario e non così coerente con i pesi adatti al periodo. La stessa attività di compilazione del nostro catalogo, si è rivelata particolarmente lunga proprio per le attese straordinarie nel ricevere tutta la selezione stagionale.

Finalmente libere da quest’ultimo impegno, possiamo tornare ad offrire inedite combinazioni, i periodici Mix-and-Match che riassemblano i capi in catalogo con alternative ancora inespresse.

Eccoci quindi con Lucia, la nostra modella, fuori dalla statica cornice del sito, per le vie di Padova, nei pressi del negozio, rimescolando capi e brand con il piacere di scoprirne nuove proporzioni, insiemi cromatici diversi e un’agile adattabilità, a seconda della proposta, a contesti e situazioni più o meno formali.

La gonna di Noir Kei Ninomiya, realizzata con la tipica esuberanza formale della scuola giapponese, dove il centro tematico non è la silhouette femminile in sé, ma il suo potenziale narrativo, rivela più occasioni interpretative. Da una di più marcata femminilità con il gilet asciutto in lino lavato e la fascia aderente in froissé stretch di seta di Marc Le Bihan,

ad una espressione più rilassata, quotidiana con la felpa over di Album di Famiglia

o, a un più sofisticato ed inconsueto ensemble con la giacca sartoriale, tutta rifinita a mano, in garza di lino e cotone di Archivio JM Ribot.

Un altro sguardo possibile, taglia la camicia/gilet di lino lavato in una suggestiva nota di blu/grigio di Forme d’Expression con il pantalone ampio in garza tubolare operata di lino e cotone di Archivio JM Ribot

Infine, questo primo Mix and Match di giugno, chiude con un completo tutto made in Italy: dalla pittorica giacca di seta stampata della storica azienda Fissore, sulle tinte neutre della camicia color salvia di Album di Famiglia e la gonna in maglia leggerissima di lino, cachemire e seta di Boboutic.

Le borse sono sempre made in Italy, con le aziende romagnole Amine e Numero 10, mentre le calzature sono il modello Marisa di Trippen for Ivo Milan.

 

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Il primo cambio di temperature permette finalmente di sperimentare la stagione autunnale anche al di fuori della dimensione ‘catalogo’ online e degli spazi quotidiani del negozio.

Ora è possibile collocare i capi entro i colori e le atmosfere del periodo, immaginandoli nelle loro potenziali e trasversali ricombinazioni. La nostra tutor Sari, in una giornata novembrina, ci conduce quindi in appassionati mix and match dove si potranno scoprire, da inedite prospettive, diversi capi dell’assortimento stagionale…


Il fantastico cachemire italiano di F-Cashmere – ovvero Fissore, storico marchio del filato più nobile – con diversi blocchi cromatici e dalla mano sorprendentemente morbida, accompagna un’ampia, rustica gonna in donegal inglese di Ricorrrobenew-entry anglo-nipponica. Chiudono l’ensemble: un cappello in maglia operata di acrilico, nylon e mohair di Chisaki – direttamente dal Giappone – e una delle borse in pelle naplakdell’allegra Maison altoatesina, Zilla.

 

E ancora, l’interpretazione alla Noir – Kei Ninomiya, della più classica maglia pesante invernale a trecce e lavorazioni lapponi in un pezzo di più femminile portabilità, grazie ad un ampio sviluppo delle maniche, di un complesso collo alto doppiato e di proporzioni ideali per gonne voluminose, come quella in tartan di cotone cerato proposta sempre da Ricorrrobe. Un cappello da freddi polari, tutto modellabile e la rivisitazione della tipica giacca storica da aviatore, strizzata e ripresa con ardite cuciture sartoriali, di Junya Watanabe, celebrano un prossimo inverno di internazionali possibilità ed evocazioni.

 

Per chiudere questo nostro appuntamento, un mix and match che rimescola un pezzo unico della designer del nuno-feltro di Emanuela Rovida, in biologica lana merinos e seta, lavorate e fuse con abilità pittoriche dalle colorazioni naturali di arbusti e piante territoriali, completamente reversibile e indossabile davanti e dietro, senza cuciture, adagiata su una gonna di Marc Le Bihan, dal tessuto ricercato di garza e lana cotta, lavorati insieme a bolle tridimensionali. A coprire l’eccezionalità dei capi, un cappotto dal sapore quotidiano, confortevole, di Forme d’Expression, in una maglia melange dal blu vivace e intenso, riverberato dall’abbacinante scintillio di una cartella in pelle metallizzata.

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Quante volte in negozio un’avventrice occasionale e distratta ha esordito con questa esclamazione: ”ah, sì Issey Miyake, quello dei profumi!”

Un’espressione che, in tutta la sua ingenua purezza, rivelava l’eclatante distanza tra il nostro lavoro di promotori e divulgatori della cosiddetta scuola giapponese e il pubblico effettivamente raggiunto in città. Magari accadeva pure in simultanea con una delle tante vetrine focalizzate proprio su un capo avveniristico di Issey Miyake. Ogni volta, una sonora conferma del lungo cammino ancora da fare e la frustrazione cocente di essere incompresi. Senza voler innescare una competizione tra il mondo dei profumi e quello degli abiti, anche chi non sia del mestiere sa infatti quanto la sua storia appartenesse al secondo, con il profumo a tipico gadget degli stilisti più affermati.

Eppure non a Padova.

Portare Issey Miyake in città, 24 anni fa, quando il brand ancora non aveva una fama generalizzata (il profumo ancora non esisteva), non faceva status, ma circolava solo all’interno di evolute nicchie globali, significò un’importante accelerata verso la complessità ed un indiscutibile riconoscimento al negozio. Innanzitutto, per poterlo presentare, lo spazio doveva avere i ‘requisiti’ estetici compatibili con la severa filosofia della Maison, la cui preoccupazione del tempo, più che alle vendite e alla diffusione del marchio, era rivolta alla difesa del suo prestigio culturale. Lo staff dello show-room parigino, venne personalmente ad accertarsi e a dare quindi il via libera, nel 1998 che la collaborazione tra Ivo Milan e l’azienda potesse avere inizio.

E fu subito un grande amore e una lunga avventura, una sfida sul filo della tensione creativa più accesa, interrotta solo dalla chiusura del negozio nel 2020 (allora non potevamo immaginare di poter riaprire) e dall’inevitabile avanzata di altri competitor locali…

Inutile dilungarci nell’ennesima narrazione intorno all’opera di Issey Miyake, ne hanno scritto e ne stanno scrivendo penne ben più esperte di noi. Nel nostro piccolo, abbiamo avuto più occasioni per presentarlo nelle sue diverse linee (Pleats Please, BaoBao, Fête, A-Poc, 132. 5, Cauliflower) e quelle satellite del gruppo (Haat, A-net con Final Home, Plantation e Zucca). Avendo lavorato per tanto tempo con tutte, concentrati in particolare su quella che porta il suo nome, offrendola nelle sue espressioni più ardite, libere e gioiose, crediamo che porgere una testimonianza di questa propulsiva collaborazione sia il minimo che possiamo fare alle tante persone che, spontaneamente, in questi giorni, ci hanno contattato per ringraziare di avere avuto l’opportunità di essere così vicine al migliore Issey Miyake.

Una carrellata di foto delle nostre vetrine, video (sul nostro canale youtube ne troverete moltissimi), di questa lunga storia insieme, con tutta la gratitudine verso la poesia che ha portato al nostro lavoro…grazie!

 

 


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Mentre l’estate insiste nelle sue manifestazioni più torride, vagheggiando mete vacanziere, di ritmi e località rigeneranti, torniamo insieme a Sari con qualche scatto all’aperto.

Un’occasione per osservare, da altre prospettive, luci e combinazioni, le proposte di un catalogo ormai prossimo ad accogliere le prime consegne autunnali…Let’s go!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie a GART per gli spazi e a Andrea Rossi per le foto

Accessori di: Shoto (borse e calzature), Zilla (borse), Chisaki (cappelli).

Abiti di: Marc Le Bihan, Album di Famiglia, Daniela Gregis, Junya Watanabe, Forme d’Expression, Shu Moriyama, Maria Calderara

 

 

 

 

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Primi di ottobre 2021, ancora caldo e una Paris Fashion Week atipica, sfoltita di presenze straniere, sfilate e show-room (effetti della pandemia e di tutte le sue restrizioni).

Dopo quasi due anni di assenza dalla Ville Lumière, cariche di aspettative, ci immergiamo nel quartiere che ospita lo spazio di Marc Le Bihan, al 13° Arrondissement, nei pressi di Place d’Italie. Una zona a noi poco nota e nemmeno così familiare agli stessi circuiti della moda. Una sorpresa quindi inerpicarsi per una delle stradine silenziose che risalgono la piccola collina Butte-aux-Cailles. Passo dopo passo, un avanzare verso ritmi completamente diversi da quelli lasciati solo poche fermate prima della metro, nel ben più animato Marais. Il silenzio rassicurante dei borghi popolari nei giorni di riposo e il bianco diffuso delle case, da assolato villaggio di remote isole greche, interrotto da ricorrenti murales colorati. Spiazzate dall’improvviso cambio di prospettiva, quasi vacanziera, giungiamo, con puntualità svizzera, al nostro appuntamento.

Un portone tinto di blu si apre per accoglierci nel laboratorio del designer francese, ubicato proprio a fianco della sua abitazione. È qui che da qualche stagione si è trasferito con lo show-room. Ben più spazioso che nel negozio in zona Pigalle, si sviluppa alle spalle di un magnifico patio interno verdeggiante, attentamente allestito per accogliere amici e clienti con quel calore sincero che ne contraddistingue il carattere mite e generoso. Un’abilità nel mettere a proprio agio che investe ogni cellula, conducendola in sveltezza in una zona di comfort e benessere. L’incontro è quasi commovente, dopo tanto tempo e con tutti i cambiamenti affrontati. Ci si riporta nell’asse del lavoro, solo a seguito di rilassati ed affettuosi saluti, conditi di ironica leggerezza, iniziando così a studiare e comporre mentalmente la scelta di una collezione vastissima, distribuita in più stanze dalle luci soffuse.

Un percorso dentro una poetica ulteriormente evoluta rispetto alle ultime stagioni, dove l’haute couture si armonizza con l’archivio (sempre presente) e le novità dal sapore più contemporaneo.


Ne abbiamo già offerto in passato un’estesa presentazione (per un approfondimento, si veda qui) e Marc Le Bihan riesce a sviluppare quella stessa idea di femminilità con estrema coerenza e creatività, senza arrendersi alla deriva del ‘tutto ritorna’ con temibili e noiose ridondanze. Pur essendo ormai nel mestiere da diversi anni, con la primavera/estate 2022 risulta evidente una tensione verso la sperimentazione sia formale che tessile: dalle ‘scritture’ con sottopunto in movimento e in contrasto di colore che fuoriescono da complesse tinture della seta, esperimenti arditi, che dimezzano le dimensioni del tessuto di partenza, ai patchwork tessili che con la costante del non finito, dell’opera-aperta, generano capi dalle categorie ambivalenti, anche nella fruizione – un po’ giacca e un po’ camicia – capaci di collocarsi, a seconda del loro abbinamento, in ambiti elegantissimi o in contesti decisamente più informali e quotidiani.

La stessa presenza del tulle, tanto ricorrente nel suo percorso, viene elaborata dentro una gamma di colori che, nelle impalpabili sovrapposizioni, abbozzano sfumature di struggente poesia. Un certo romanticismo latente, viene sistematicamente contenuto grazie a composizioni dalle linee più composte e severe, con profili a taglio vivo e complesse costruzioni sartoriali o ruvide increspature in seta ed elastan.

 

 

È articolato l’assortimento, non facile sottrarre elementi da una sinfonia in cui tutto è interconnesso, ma alla fine, riemergendo da un incantamento quasi ipnotico, ci si ritrova in una personale selezione che Marc osserva, con curiosità e soddisfazione, colpito egli stesso dalle inesauribili possibilità interpretative delle sue proposte.

Nel frattempo si è fatta sera, con il suono screziato offerto da una puntina graffiante il disco che gira, si torna al piacere di racconti interminabili e risate tanto attese…


 

 

 

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