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Tag "scuola giapponese"

Più che un marchio d’abbigliamento, Cosmic Wonder è una filosofia di vita e un progetto concettuale ideato dell’artista giapponese Yukinori Maeda nel 1997.

Al proprio centro e da filo conduttore, com’è intuibile dal nome, è posta un’attenzione assoluta ai processi che regolano il nostro ecosistema terrestre, a partire da aspetti basilari come la luce.

Dalle installazioni artistiche, alle pubblicazioni ed edizioni musicali, fino alla costruzione di una struttura, nel 2007, dove integrare le diverse applicazioni ed ospitare, secondo criteri eco-sostenibili i visitatori, per esposizioni e concerti, con Light Source, COSMIC WONDER diviene anche una linea di abbigliamento di altissima qualità.

I tessuti, sempre a basso impatto ambientale, derivano da un intero processo produttivo certificato biologico ed equo-solidale. I capi sono tinti a mano con erbe, piante e alghe: akane, melograno, gardenia, foglie di gelso, per citarne alcune. Lo stesso vale per le stampe, sempre realizzate con coloranti a base di piante.

Ma, al contrario di quanto solitamente accade per linee concepite in funzione di principi ambientali, Cosmic Wonder pone estrema attenzione anche al design di ogni capo. Tagli, cuciture e la stessa composizione delle fantasie, riflettono il background culturale della scuola giapponese, ricca di asimmetrie e forme inconsuete.

Nella proposta di uno stile di vita ambientalista, l’artista Yukinori Maeda genera un originale sincretismo tra le direttive ecologiste globali e la filosofia Zen, in cui l’armonia e la bellezza del cosmo coesistono e si alimentano insieme alle risorse e all’equilibrio dell’individuo, a partire dalla condivisione di quelle particelle elementari che compongono la luce, il calore, ma anche i sogni e le idee.

 

 

 

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A continua riprova di quanto labili siano i confini tra arte e moda all’interno della cosiddetta scuola giapponese, segnaliamo la curiosa installazione realizzata per la boutique di Issey Miyake a Tokyo, dall’architetto Yoichi Yamamoto.

Una carrellata di sedie azzurre, su cui stanno appesi e appoggiati i colorati cappelli del più illustre modista nipponico, Akio Hirata.


La naturale collocazione dei copricapi cela, in realtà, un artificiale ed illusorio effetto ottico, giocato su un’ingegnosa combinazione di elementi tridimensionali, gli schienali, e bidimensionali, le gambe delle allegre seggiole azzurre.


Se si osserva la vetrina da una certa angolazione, l’apparente semplicità dell’allestimento riesce ad ingannare l’ingenuità dello sguardo. Solo spostando il punto d’osservazione, con grande sorpresa per il passante distratto, il complesso trompe l’oeil viene risolto.

Un’ulteriore testimonianza dell’imprescindibile valore aggiunto apportato da competenze che si compenetrano a vicenda, ma anche, dal considerare la facciata di un negozio non come effimera bacheca di capi in vendita, bensì, come spazio privilegiato su cui allestire astratti esercizi del pensiero, da condividere, responsabilmente, con un pubblico in movimento.


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Sacai
La quasi decennale collaborazione con Junya Watanabe e Rei Kawakubo, non ha impedito ad Abe Chitose, designer del giovane marchio Sacai, di prendere le distanze dagli illustri maestri e dar forma ad una personale ed autonoma interpretazione sulla moda ed il vestire.

Mentre la cosiddetta scuola giapponese è più propensa a trattare l’abito per il suo potenziale artistico, Chitose lo riporta alla sua funzione originaria, quella di accessorio che deve adeguarsi ed essere compatibile con le diverse esigenze del quotidiano. Questa prospettiva, assolutamente concreta e pratica, dà rilievo alla scansione temporale e spaziale della nostra vita sociale e si impegna a risolverne le varie circostanze. Per farlo, Chitose ricorre agli schemi formali classici degli abiti di uso comune, soprattutto occidentali, ma non rinuncia a sezionarli per poi ricomporli applicandovi quella sensibilità poetica acquisita nel proprio ambiente formativo.

Nell’originale sincretismo tra oriente ed occidente, si ritrovano abiti a tubino, trench, blazer ed anche un esplicito tributo a Chanel, celebrazione, al contempo, di una femminilità intramontabile, dall’eleganza innata.

Senza farsi imbrigliare dalla noiosa monotonia della regolarità, Sacai spezza il ritmo introducendo accorti espedienti che tradiscono sistematicamente quanto i nostri occhi si aspettavano: sovrapposizioni di tessuti appena abbozzate; sobri punti di congiunzione tra stampe e materiali differenti; inaspettate increspature o faldoni mimetizzati dall’apparente prevedibilità delle forme.

Nel delicato equilibrio tra ricerca e ripetizione, a prendere il sopravvento è un’impeccabile, raffinata ed essenziale silhouette femminile.

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