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Venerdì 30 settembre, al 54 di rue du Faubourg St. Honoré, sarà inaugurato il nuovo concept store di Rei Kawakubo. Può essere interessante leggere direttamente il Comme des Garçons Journal, per comprendere la filosofia alla base del Trading Museum:

Possono esserci musei di vario tipo ed essere fondati per molti scopi: ricreativi, didattici, educativi, turistici e anche per orgoglio civico.

Il commercio, in una forma o in un’altra, esiste probabilmente da circa 150.000 anni. L’ambiente del commercio è lo spazio dove avvengono gli incontri più significativi dell’umanità, dove i tipi più diversi di persone si riuniscono, casualmente e deliberatamente.

Trading Museum Comme des Garcons è un luogo in cui queste due espressioni umane si fondono insieme.

Ci auguriamo di creare una dimensione in cui c’è una ragione e una storia dietro ad ogni bene che recuperiamo, mostriamo, visualizziamo e/o vendiamo.

Sarà un luogo, dove lo shopping non è l’unico obiettivo. Sarà un negozio in cui verrà incoraggiato anche il “solo guardare”, o semplicemente il farsi ispirare potrà essere il punto d’arrivo.

Uno spazio di vendita al dettaglio, al di là delle tendenze e della moda stagionale, dove le barriere tra museo e negozio iniziano a vacillare.

Per l’occasione il Trading Museum, presenterà “Simulacrum and Hyperbole” series 2, l’installazione multimediale di Katerina Jebb, fotografa di fama mondiale, nota per le sue collaborazioni con diversi personaggi dello star system internazionale e per la particolare lettura sulla cosiddetta “società dello spettacolo” e l’estetica di massa.

Durante l’inaugurazione verrà anche celebrato il lancio del nuovo profumo di Comme des Garçons. L’essenza, racchiusa in una paradossale bottiglia di scarto, rappresenta un metaforico invito a riconsiderare i molti oggetti che abitualmente squalifichiamo.

 


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Di certo, pochi sono coloro che sanno cosa accade quando ad Ivo Milan viene posta una richiesta, apparentemente semplice, come quella di un “pacco regalo”. Se proviene dal sito, è impossibile rendersi conto del tempo necessario ad appagarla. Se, invece, viene rivolta all’interno del negozio, il cliente è gentilmente invitato a sbrigare le proprie faccende, così da evitare l’attesa. Nonostante la seccatura iniziale, la sorpresa e la meraviglia di fronte all’opera compiuta, prendono sempre il sopravvento.

In effetti, difficile aspettarsi che un imballaggio, molto spesso trascurato, spersonalizzato e banalizzato da carte anonime, nastri e fiocchi kitch, venga pensato come gesto poetico, capace di generare stupore ed emozione in chi lo riceve.

Le mani e i sogni di Sari trasformano scatole da scartare in tele su cui modellare derive immaginarie, performance artistiche da ammirare e fotografare…perché il loro destino è transitorio e paradossale, essendo concepite proprio per essere “scartate” in pochi attimi.

Un’applicazione inedita, forse inutile, densa però di una generosa e assoluta cortesia verso quel pensiero originario nei confronti di qualcuno. Una premura espressa con un linguaggio totalmente sconosciuto, capace di esaltare l’autentico valore del dono.

Con il suo ingresso, 16 anni fa, nell’attività familiare, Sari Milan ha adattato allo spirito fortemente innovativo dell’azienda la propria vocazione a inventare, applicandosi nelle mansioni in cui questa sua predisposizione trova respiro: vetrine, comunicazione e installazioni interne.


Ovviamente, su richiesta, continua a produrre pacchi regalo.

 

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A continua riprova di quanto labili siano i confini tra arte e moda all’interno della cosiddetta scuola giapponese, segnaliamo la curiosa installazione realizzata per la boutique di Issey Miyake a Tokyo, dall’architetto Yoichi Yamamoto.

Una carrellata di sedie azzurre, su cui stanno appesi e appoggiati i colorati cappelli del più illustre modista nipponico, Akio Hirata.


La naturale collocazione dei copricapi cela, in realtà, un artificiale ed illusorio effetto ottico, giocato su un’ingegnosa combinazione di elementi tridimensionali, gli schienali, e bidimensionali, le gambe delle allegre seggiole azzurre.


Se si osserva la vetrina da una certa angolazione, l’apparente semplicità dell’allestimento riesce ad ingannare l’ingenuità dello sguardo. Solo spostando il punto d’osservazione, con grande sorpresa per il passante distratto, il complesso trompe l’oeil viene risolto.

Un’ulteriore testimonianza dell’imprescindibile valore aggiunto apportato da competenze che si compenetrano a vicenda, ma anche, dal considerare la facciata di un negozio non come effimera bacheca di capi in vendita, bensì, come spazio privilegiato su cui allestire astratti esercizi del pensiero, da condividere, responsabilmente, con un pubblico in movimento.


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