Junya Watanabe: dalla sfilata allo show-room, A/I 2017-’18
In un piovoso sabato mattina parigino, con la città ancora addormentata, si corre verso la sede che ospiterà la sfilata di Junya Watanabe: la facoltà di farmacologia in Rue de l’Observatoire, esattamente al capo opposto della fermata della metropolitana verso cui dovremo recarci in serata per quella di Comme des Garçons.
La pioggia, l’orario e la fretta nel cercare il modo più rapido per raggiungere la nostra destinazione, non favoriscono il buon umore, fino a ché, una volta appostate nell’imponente salone della facoltà, non veniamo risvegliate da un rock incalzante. Il ritmo sprona all’attenzione, l’incedere agguerrito delle modelle trascina i presenti in inevitabili, quanto personali, riflessioni sulla moda, sulla sua utilità o vacuità, soprattutto, genera una reale, diffusa e quanto mai palpabile percezione di entusiasmo incontenibile.
Come se il mondo improvvisamente si riappropriasse di ogni potenziale, le possibili silhouette proiettate sul futuro autunno/inverno di Junya Watanabe fomentano quella voglia di cambiamento che è il vulnus stesso della moda e la radicalità con cui il designer giapponese lo mette in scena è trascinante.
Fedele ad una propria visione ‘cybergiante’ della contemporaneità, Watanabe assembla materiali col suo tipico modulo origami che, in questa occasione, potremmo riconoscere nel cerchio: cavallino, pelle nera, macchie di leopardo, tutto rigorosamente in simil-pelle sintetica, borchie e pailletes ricompongono patch-work di culture ed epoche della storia del costume dalle forme più sperimentali. L’eccesso è il filo conduttore di elementi decorativi deformanti, che non delineano solo estetiche inedite, ma entrano a far parte e modificano la stessa struttura fisica umana. Cappe come scultoree ali tessili multicolor, private di qualsiasi poetica romantica e poste a difesa di ogni ipotetico attacco, tuniche che amplificano la circolarità dei chakra, cappotti sagomati intorno alla figura femminile a sfere asimmetriche accostate, possibili armature ultra-moderne contro l’avanzata del nulla creativo.
Ma l’eccesso si ripulisce infine, viene reso accessibile nelle scelte in show-room, rivelatrici di quanto sia percorribile e riconducibile nella frenetica vita quotidiana e quanto invece rimanga un esercizio visionario di pura e straordinaria arte tessile contemporanea.
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