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Tag "Fall/Winter 2016-2017"

Plantation coat fall/winter 2016-17

Dietro l’apparente semplicità di una linea concentrata nella realizzazione di capi-spalla, si cela la storia di un progetto decisamente lungimirante, il cui esordio risale al lontano 1981, quando Issey Miyake lanciò il brand dal nome evocativo: Plantation.

Occorre fare lo sforzo di immedesimarsi in anni in cui il prêt-à-porter era governato da tendenze che enfatizzavano i valori dominanti del tempo: potere, carriera, lusso ed estrema celebrazione della bellezza fisica femminile. Spalle larghe, tacchi a spillo, collant e paillettes, semplificando molto, altro non erano che i simboli estetici di un sistema valoriale che attraverso l’abito, non solo si rappresentava, ma allo stesso tempo si consolidava.

Nel bel mezzo del successo e consenso che questi linguaggi così effervescenti nel direzionare i desideri del grande pubblico ottenevano, Issey Miyake, tra le tante esperienze già in piedi, fondò la linea che ancora oggi porta il nome di battesimo.

La forza ideativa della collezione stava proprio nella radicale presa di distanza da quanto accadeva nel mondo della moda. Plantation nasceva infatti con velleità opposte: ignorare completamente la funzione identificativa e prevaricatoria dell’abito, strutturandosi intorno a valori molto concreti, quali il comfort e la fruibilità nella vita di ogni giorno con forme poco assertive e riconoscibili, vestendo le persone con materiali prevalentemente artigianali e naturali, dall’aspetto umile, lane per l’inverno, lino e cotone per l’estate. Fu un progetto molto interessante e duraturo, sospeso solo per l’estrema vivacità sperimentale del Miyake Design Studio e l’alternanza di nuovi direttori creativi tra la fine degli anni novanta e i primi anni 2000.

Plantation Issey Miyake

Con l’autunno/inverno 2016-2017 è il gruppo A-Net, affiliato alla Maison Miyake e contenitore anche dei brand Zucca e Tsumori Chisato, a rilanciare il progetto in Europa. Molto atteso tra gli affezionati, Plantation ritorna quindi, in tempi per certi versi analoghi a quelli della sua fondazione, con la propria ‘modernità formale’, definita da tagli più lineari e puliti rispetto alle acrobazie creative proprie della scuola giapponese, sensibile al calore tessile e a stare nel quotidiano con discrezione. La sapienza del marchio si ritrova in soluzioni decisamente pratiche: la reversibilità di piumini costruiti nella tipica tela liscia da un lato e dall’altro in più opache e calde sembianze da cappotto; cappucci avvolgenti; colli importanti, ma sempre sistemabili a piacere; doppio petto con girocolli che facilitano e reclamano il complemento invernale per eccellenza, la sciarpa, ad integrazione e supporto di una semplicità difesa con estrema determinazione.

Plantation invita a una quotidianità confortevole e, trattandosi di capi-spalla dal lungo uso, tra gli obiettivi vi è anche una ragguardevole cura a non eccedere con un design troppo invadente da stancare alla seconda stagione.

Plantation Issey Miyake

Plantation Issey Miyake coat

Plantation Issey Miyake coat

Plantation Issey Miyake coat

Plantation Issey Miyake coat

Plantation Issey Miyake coat

Plantation Issey Miyake

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Sono ormai diversi anni che Rei Kawakubo, in arte Comme des Garçons, affida esclusivamente ad indizi, atmosfere ed evocazioni la propria rappresentazione della stagione in corso. Emancipata da ogni obbligo verso le aspettative del pubblico globale, la designer giapponese incanta con esibizioni molto più prossime al mondo dell’arte che al settore di appartenenza. In passerella non sfilano capi di abbigliamento, ma provocazioni tessili, strutture architettoniche che avvolgono i corpi sacrificali di modelle prestate a trasportare opere scultoree sovradimensionate, volutamente ingombranti e sproporzionate rispetto allo spazio disponibile.

Impossibile non chiedersi perché o quale sia il messaggio più verosimile contenuto in  questa deriva artistica. Forse un’auto-concessione alla libertà d’espressione, contro i monotoni binari imposti dalla realtà fisica del corpo femminile, o una sottile provocazione, contro uno star-system sempre più acritico ed esibizionista. Di certo, il dialogo non è finalizzato alla vendita. I capi in sfilata sono infatti straordinari pezzi da museo d’arte contemporanea o per collezioniste facoltose. A sfilare è un’idea, una suggestione del motivo ispiratore della stagione che si ritroverà poi tradotta e portabilissima, nello sviluppo in show-room. Per l’autunno/inverno 2016-2017 si assiste quindi a poetici collage di antichi tessuti, arazzi floreali che catapultano il pubblico nel XVIII secolo, il secolo dei lumi, della rivincita della ragione sull’ignoranza e la superstizione.

Rei Kawakubo però non è nostalgica e manierista, il collage è tenuto insieme da metallici bottoni a pressione, da tagli e cuciture a vivo, diagonali che frammentano l’armonia decorativa del tempo, insinuando elementi da lei stessa definiti Punk, nell’accezione più provocatoria del termine.

Pelle sintetica, borchie, costanti asimmetrie, e dettagli che possono osservarsi nei motivi cuciti su gonne, nelle curvature dei punti nodali delle articolazioni, rinforzati come fossero armature tessili. E prolunghe, anelli di congiunzione regolabili, una flessibilità da smontare e rimontare, un assestamento continuamente rimodulabile nelle lunghezze e in un delicatissimo equilibrio tra ordine e disordine. Non è infatti detto, che si riesca a tornare alla ricomposizione originaria, tante sono le alternative possibili. Modernità e tradizione si alternano anche nelle lavorazioni, dove l’antica sapienza giapponese collabora con gli esperimenti più arditi nelle multi-stratificazioni di tele di poliestere con pannelli di rayon, cupro e cotone, in un incontro che vede la materia determinare ed imporre la forma finale del pezzo, sia esso giacca, gonna o soprabito.

Inutile supporre quanto Rei Kawakubo, nell’allestire un inedito e personale sincretismo temporale, Punk ed illuminista, pensi a donne determinate a stare nel proprio tempo con il vigore e l’esuberanza di chi è dotato di autonomia critica ed immaginifica!

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Nel pieno della nuova stagione autunnale, abbiamo il piacere di tornare ad accompagnarvi nella scoperta delle collezioni che danno forma al nostro catalogo stagionale. Riprendendo dunque la buona prassi di presentare i nuovi arrivi, iniziamo con una new-entry, la designer italo-svizzera:

Elisa Wild

In assoluta anteprima mondiale, la sua opera è ospitata all’interno dei nostri due luoghi d’elezione: online e nel negozio di Padova. Prolifica non solo nella produzione tessile, Elisa Wild ci coinvolge anche in una dettagliata narrazione del proprio lavoro e del percorso che l’ha condotta a costruire abiti. Con le sue parole…

“L’inizio di questa avventura è, come spesso accade, una passione…La passione per i tessuti e per la possibilità di manipolarli, di plasmarli quasi fossero “materia bruta” da scolpire. La compatibilità tra materiale e procedimento è il presupposto essenziale del progetto, perché ogni tessuto risponde in modo diverso alla manipolazione.

Per tanti anni ho fatto un lavoro di ricerca, studio e sperimentazione continue per stimolare/ispirare gli uffici stile delle star del sistema moda con sofisticate lavorazioni del tessuto. Ma solo adesso con questi abiti sto realizzando il sogno che ha sempre accompagnato la mia attività professionale: gestire autonomamente l’intero percorso creativo, concettuale e tecnico che porta alla realizzazione del “prodotto”.

Il progetto diventa così un sistema in cui il tessuto selezionato, la sua specifica lavorazione e l’intera costruzione dell’oggetto-abito si fondono per restituirci effetti inediti in forma indossabile. Finalmente le “costruzioni tessili” per cui siamo conosciuti tra gli addetti ai lavori sono degli abiti, quegli abiti tanto immaginati. Quasi che i pensieri, le idee, le fantasie e gli schizzi contenute in miriadi di taccuini avessero trovato il momento e il modo per prendere forma. Credo che nel nostro laboratorio siano state studiate e sperimentate tutte le tecniche artigianali per ottenere effetti speciali su materiali tessili.

L’ABITO BOLLE deve la sua forma ad una grafica specifica molto irregolare disegnata a mano già tenendo conto del movimento che il tessuto subirà dopo che il percorso sarà stato ricalcato dalla elasticatura. E’ un lavoro tutto artigianale e per certi versi empirico…replicare in serie un procedimento di questo genere significa decidere di misurarsi con una certa complessità.

Forse chi vede l’abito finito fatica a comprendere come sia delicato l’equilibrio tra l’effetto della lavorazione e la forma dell’abito, un equilibrio dato da uno studio accurato delle grafiche, delle proporzioni e delle procedure. Si tratta di Alta Artigianalità.

Nell’ABITO ORIGAMI l’idea della lavorazione, o assemblaggio di fasce di tessuto a incastro tridimensionale, e il modello dell’abito sono state elaborate parallelamente con il risultato che il davanti dell’abito è un sistema modulare compatto in cui tutte le parti sono interconnesse. Infine la scelta del tessuto specifico tela di lana lino molto secca e leggera che può essere lavorata in doppio e prende bene la piega dei cosiddetti origami. La forza che ne risulta è intrinseca, contenuta in una forma semplice e la tempo stesso scultorea.

Nell’ABITO NODI è stato elaborato un modello speciale con una struttura che attraversa l’abito verticalmente, una specie di pettine i cui denti sono delle fascette di tessuto. Solo alla fine della confezione quando tutto è perfettamente rifinito si passa all’annodatura manuale di queste fascette e pian piano l’abito cambia prendendo la sua forma finale grazie ad una spina di nodi-fiocchi che raccoglie il tessuto ai lati”.

Un made in Italy colto, che sa misurarsi con le sfide più ardite della grande scuola giapponese, sapendo però difendere e definire una propria autenticità creativa.

 

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