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Durante un’intervista rilasciata poco prima della sfilata per la primavera-estate 2013, Yohji Yamamoto ha dichiarato di non essere affatto interessato a consolidare, di stagione in stagione, codici stilistici identificabili col proprio nome, ma di affrontare il momento creativo come una sfida ogni volta diversa, un’occasione per testare nuovi percorsi e rompere con schemi mentali ripetitivi. Il rischio, prevedibile, di sbagliare e di non essere compreso dal proprio pubblico, se solo venisse inteso per quello che è e da cosa origina, dal suo punto di vista, non sarebbe così rilevante.

Una dichiarazione che sembrerebbe anticipare una collezione primaverile ed estiva lontana da quella poetica intensa e familiare a cui Yohji ha abituato i propri estimatori, per lasciare spazio a segni spiazzanti, irriconoscibili.

Immergendosi nello spettacolo della stagione in corso, le parole del grande maestro giapponese assumono invece il sapore di una confessione, quella dell’artista posto di fronte alla propria tensione creativa. Le proposte, al contrario di quanto viene dichiarato, sono infatti fortemente riconoscibili all’interno dei migliori tratti che, da sempre, identificano il suo lavoro. Asimmetrie, profili non finiti, ardite volumetrie, tagli e cuciture molto più prossimi alla meticolosa lentezza dell’alta moda che all’approssimazione seriale del prêt-à-porter, compongono una primavera-estate ambiziosa e spettacolare.


La lavorazione dei tessuti e l’eccezionalità delle tinture è affidata alla più antica e rara tradizione nipponica, custodita negli unici laboratori artigianali rimasti a tramandare un patrimonio culturale in via d’estinzione. Colorazioni dai nomi mai uditi, come il blu indanthrene, realizzato a mano, tinto e poi stinto attraverso un lento processo di stinture che restituiscono al colore uno straordinario effetto metallico-lavico, intersecano gli studi sul design avanguardista delle linee.


Nei dragoni delle sete stampate vi è un esplicito omaggio alla Cina e un personale invito ad una riconciliazione economica e culturale non più prorogabile.


Persino l’espressione occidentale “sexy”, mediata da un più sobrio e rispettoso intellettualismo, entra nel vocabolario stilistico di un modernissimo Yohji Yamamoto, consapevole che le culture si fanno sempre più vicine, in un sincretismo da cui è impossibile prescindere. Con la leggerezza di un ballerino del Boschoi, il grande maestro si destreggia tra modernità e tradizione, oriente ed occidente, mostrando, in tutta la sua matura consapevolezza, l’abilità di un filosofo-artigiano del vestire.

Immagini di Sari Milan

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Non a caso le parole di Tanizaki hanno accompagnato l’esposizione, allo scorso Salone del Mobile di Milano, del progetto di illuminazione In-Ei (in giapponese ombra, ombreggiatura, sfumatura), concepito da Issey Miyake insieme al suo Reality Lab e realizzato da Artemide, accolto permanentemente al MoMa di New York nella sezione design.

Radicata nella tradizione estetica giapponese, l’arte della luce e dell’ombra è infatti da sempre al centro delle sperimentazioni tecnologiche e concettuali della Maison Issey Miyake. Un rispetto per il patrimonio culturale del passato che rimane paragonabile solo alla medesima volontà nel forzare i limiti imposti dalla materia tessile.

Tania Braukamper di Fashionising.com, in un’efficace metafora dedicata alla collezione della stagione corso, sostiene:

La tradizione culturale viene portata avanti come una fiamma accesa che aiuta la luce del futuro, senza adombrarla.


Disegnata da Yoshiyuki Miyamae, direttore creativo della Maison, la primavera-estate 2013 mette in scena un tripudio di effetti ottici, luci, ombre e nuovi micro-tasselli tridimensionali. Fantasie geometriche, checks e diagonali che fungono da trait d’union tra creatività e analisi matematica.

Il plissé si arricchisce, inganna con giochi visivi nei quali la perfezione della formula geometrica, applicata al tessuto, simula l’imperfezione estetica (wabi-sabi) degli oggetti in via di deterioramento.

Sfumature di colore e piccoli scalini sfalsati ad effetto griglia, trasformano il rigore in divertimento, coinvolgendo lo sguardo nello stupore e nella meraviglia che solo le cose mai viste sanno elargire. Maglie in metamorfosi continua, reagendo al movimento fisico della persona o t-shirt ed abiti realizzati con complessissime tecniche di fusione e successiva separazione del poliestere, tracciabile dal calco perimetrale del colore in contrasto.


Tonalità energiche celebrano infine una collezione talmente esuberante ed avveniristica da irradiare energia e gioia sia in chi la osserva che in chi la indossa. Un’altra generosa lezione alla Miyake!

Fotografie di Sari Milan

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Da Milano, dalla nostra postazione ravvicinata, uno sguardo alla prossima collezione autunno/inverno 2013-2014 di Daniela Gregis!

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