www.ivomilan.it

   IVO MILAN – Radical Fashion Blog

Archive
Various

Abbiamo già avuto occasione di presentare il lavoro di una delle nostre più recenti new entryMelitta Baumeister, ma è con grande soddisfazione che vogliamo condividere il prestigioso riconoscimento appena ottenuto come vincitrice dell’edizione 2025 del National Design Award del Cooper Hewitt Smithsonian Design Museum di New York.

La più importante istituzione degli Stati Uniti, dedicata esclusivamente al design storico e contemporaneo, custode di una delle collezioni più articolate al mondo, con oltre 215.000 oggetti che coprono 30 secoli di storia, nel 2000, insieme al Millennium Council della Casa Bianca, ha inaugurato la rassegna per sottolineare l’impatto del design sulla vita quotidiana e sul nostro eco-sistema. I premi, diversificati per disciplina (moda, interni, architettura, comunicazione, ecc.), omaggiano l’innovazione e quei progetti potenzialmente capaci di generare trasformazioni nel mondo sociale e naturale.

E quale connessione col lavoro di Melitta?

Come lei stessa sostiene:

Nel nostro studio, creiamo capi di abbigliamento che saranno indossati e diventeranno parte della vita di qualcuno. Attireranno l’attenzione e susciteranno conversazioni e, talvolta, sfideranno le percezioni, incoraggiando nuovi modi di vedere il mondo”

Dopo il successo dell’edizione 2023 al CFDA/Vogue Fashion Fund, la designer, di origini tedesche, si conferma ancora una volta promessa brillante nel panorama della moda internazionale. Non solo la sua produzione manifesta un’estetica decisa, dove i volumi e le silhouette si fanno occasioni scultoree, spiazzanti, talvolta umoristiche e giocose, ma è anche fortemente radicata in quell’etica dello slow-fashion che prevede un ricco repertorio di capi continuativi e filiere corte a basso impatto ambientale.

Quindi, perché non andare a conoscere un po’ delle sue opere, compatibili con le stagioni intermedie, sempre dal forte sapore trasformativo e senza tempo?

 

Abito ‘sculpture’ longuette in plissé di poliestere tinto a mano con effetto cangiante, girocollo con profilo in contrasto di colore, manica corta stondata con fascia circolare rigida al fondo, fondo circolare con base interna più rigida

Abito ‘sculpture’, lungo e asciutto, in jersey con texture a corteccia di poliestere riciclato e poliestere, collo a lupetto con bottoncini, manica lunga, fondo con fascia imbottita a onde circolari

Abito ‘bomber’ longuette, ampio, in taffetas di nylon pesante, girocollo con bottoncino sul retro, senza maniche, grande tasca imbottita applicata da un lato con fascia a maglieria, fondo a giacca bomber over con fascia a maglieria ai lati e più lungo sul retro

Caban over in tela di nylon waterproof, un petto, collo a cratere, chiusura con zip con doppio cursore, taglio verticale con apertura sul retro delle maniche per essere indossato a mantella, due tasche a filo e due con zip in contrasto di colore sul davanti e due tasche applicate al fondo sul retro, coulisse sul fondo manica e al fondo del capo

Abito ‘sculpture’, longuette, in plissé di poliestere a pieghe verticali sul busto e orizzontali sulla gonna con stampa tattoo a serpenti, girocollo, senza maniche, gonna ampia e astrattamente lontana dal corpo con motivo a cerchio ondulato sul giro-vita

Per scoprire le collezioni: Melitta Baumeister – Ivo Milan Radical Fashion


 

 

 

Read More

Siamo a Bergamo, ma il percorso inizia lontano, a Tokyo, città natale e di formazione. Risa si specializza alla prestigiosa Tama Art University in design tessile, un percorso che la conduce all’interno del Miyake Design Studio collaborando per la più artigianale delle linee, la Haat.

Il trasferimento quindi in Italia, come spesso accade per i talenti giapponesi, dove lavora fino a poter aprire la propria bottega sartoriale producendo solo capi su misura, nel centro storico di Bergamo. Infine, il grande salto, una piccola produzione destinata a poche e selezionate boutique al mondo e un brand che porta il suo nome: Risa Nakamura.

La designer importa nel proprio laboratorio la grande sapienza tessile giapponese e opera con livelli di artigianalità meticolosi, che vanno dalla ricerca cromatica con tinture vegetali alla lavorazione manuale dei bottoni in radica calabrese, recuperando gli avanzi di un legno tanto robusto da essere solitamente destinato alle pipe da fumo. Una sensibilità che rimette in circolo anche i materiali meno considerati per dettagli marginali, come possono essere i bottoni, talvolta nemmeno visibili perché nascosti da discrete pattine.


Il Giappone condiziona tutta l’atmosfera del lavoro di Risa. Se ne sente il respiro in ogni suo gesto: la selezione di fibre pure, come lo shetland di lana, protetto dalle sue ben note asperità con fodere in lino naturale; lo suede di cotone organico, un’alternativa alle felpe più domestiche; la leggerezza nitida sul colore del crêpe de chine di seta lavata. Il Giappone volteggia tra forme rigorose o morbide, ispirate agli indumenti da lavoro o ai corollari del kimono e in certi esercizi tipici dell’origami, in cui lo sviluppo della geometria parte da piccole connessioni ripetute, come nel caso della gonna a patchwork di cento pezzi che vanno a chiudere un cerchio perfetto.


Il mondo di Risa e del suo più fedele collaboratore, il marito Emiliano, è permeato di un’estetica lenta, paziente e sensibile, operosamente dedicata a generare un sorprendente equilibrio Zen: di semplicità, cura e laboriosa, coinvolgente, mitezza esistenziale.

Per scoprire la nuova collezione: ivomilan.com

Read More

Non sono mancate le occasioni per presentare l’opera di Junya Watanabe, designer giapponese storicamente prodotto dalla Maison Comme des Garçons, tra gli illustri ospiti dell’esposizione Radical Fashion al Victoria and Albert Museum di Londra nell’ormai lontano 2001, da cui l’omonima pubblicazione.


Origami, minuteria metallica, eco-pelle sono gli elementi di volta in volta utilizzati e caratterizzanti un linguaggio fortemente riconoscibile, sempre al confine tra tendenze avanguardiste cyber-metropolitane e arti figurative.

L’abito, secondo la filosofia inaugurata dalla scuola giapponese, da Rei Kawakubo a Issey Miyake, Yohji Yamamoto, ecc. trascende la sua semplice funzione decorativa, di medium e filtro di rappresentazione sociale, diviene piuttosto un’occasione creativa e un espediente tessile di complessa realizzazione.

Per l’autunno/inverno in corso, patchwork materici evocano il lusso ostentato, quanto irresponsabile, della pelle di serpente, ma con Watanabe tutto è finzione e le forme, inedite e scultoree, delineano poetiche agli antipodi di ogni volgarità. Le silhouette si espandono, come nel cappotto ‘spaziale’, dal volume abilmente bilanciato in una mantella a spirale racchiusa nelle spire di simil pelle cucite sul melton pesante di lana, o si attenuano nella più sobria versione con la manica scesa. L’abito asciutto in eco-pelle di serpente, in realtà un gilet lungo indossabile anche su più semplici soluzioni, non trascura elementi di femminilità dal carattere più esplicito. Immancabile il denim, nelle collaborazioni con la Levi’s, decostruito e ricomposto secondo il tema della stagione.

Il ritmo ardito è una sinfonia di note acute e toni più pacati, una laboriosa composizione tra contesti quotidiani lontani dalla noia ed eventi mondani di maggior slancio e intensità espressiva.


 

Read More

Vincitrice dell’edizione 2023 del prestigioso CFDA/Vogue Fashion Fund – premio dedicato alle nuove generazioni del design, istituito per sostenere i talenti più promettenti della scena internazionale affinché, con le parole di Anne Wintour, possano essere visti e ascoltati – origini tedesche e un master alla Parsons University di New York, ormai sua città di elezione, Melitta Baumeister è la designer dell’omonimo brand fondato nel 2013 proprio nella Grande Mela, acclamato per un linguaggio già ben definito e identificabile, costantemente oscillante tra due mondi dialoganti: moda e scultura.

Laddove l’ispirazione prende forma da capi e materiali di ordinario utilizzo, senza eccessi formali e decorativi, Melitta ne depista la collocazione, spiazza, introducendo materiali che fungono da vere e proprie strutture plastiche che modificano lo spazio intorno al corpo di chi le indossa. Abiti, camicie e top, mutano la loro natura di elementi necessari ad una quotidianità metropolitana, vissuta secondo esigenze di comfort tipicamente giovanile e dinamico, di spostamenti in bicicletta e corse mattutine, in vere e proprie occasioni comunicative: la spugna si insinua nel rigore del cotone o del poliestere fornendo inedite geometrie tridimensionali e spostando l’asse consueto della prospettiva architettonica.

 

Onde, bolle irregolari e cerchi divengono elementi spaziali che decorano la silhouette connettendola all’etere, in un movimento che accompagna l’incedere modificandone la percezione, insinuando allegria, sorpresa e condizionando la postura stessa, grazie a forme dall’impatto visivo disorientante, autenticamente nuove.


Melitta sostiene filiere corte, tutto è prodotto a New York City, e i laboratori tessili vengono frequentati e seguiti di continuo in un ciclo produttivo aperto ad affrontare sfide, risolvere criticità. Alcuni articoli sono trattati come continuativi, divenendo vere e proprie icone del brand, secondo un’etica contraria all’obsolescenza tipica del settore.

Photo by Document Journal

 

Ma la designer rivela anche frequenti contaminazioni con le avanguardie artistiche e i simboli estetici della propria generazione, rintracciabili nelle stampe audaci di serpenti stilizzati, nei segni grafici in contrasto monocromatico o nei trompe l’oeil tinti a mano, decisamente pop.

Un’avventura creativa e artigianale, quella di Melitta Baumeister, già ampiamente accolta da gallerie d’arte e boutique indipendenti, destinata a sviluppi da osservare con curiosa e aperta attenzione.


Read More

Altra new entry della stagione A/I 2023-’24: DAWEI. Marchio omonimo del giovane designer di base a Parigi, Dawei Sun, lanciato nel 2016, dopo una laurea alla Ècole de la Chambre Syndicale de La Couture, una formazione come collaboratore di Balenciaga, John Galliano, e dopo un’esperienza come direttore artistico della Maison Cacharel.

Tra i finalisti del prestigioso Andam Fashion Award (la più importante competizione di moda francese, fondata nel 1989 e vinta alla sua prima edizione da Martin Margiela), nel 2019 Dawei entra nel calendario ufficiale della Paris Fashion Week, sfilando in passerella.

Fortemente influenzato dalla couture francese e dai gesti arditi della scuola giapponese, Dawei ne offre una personale rilettura, contenendo le vette irraggiungibili dell’una e certe asperità più creative dell’altra. Il risultato è una sintesi composta di sperimentazioni tessili, in cui le fibre si mescolano, simulando tessuti tradizionali. Lo chevron, ad esempio, adattato a soluzioni decisamente più confortevoli, nonostante la possibilità di silhouette femminili, talvolta avvolgenti, come nei bustier. O il jersey di lana, condotto, grazie ad abili cuciture plastiche, a un’eleganza di non sua consueta pertinenza.

Linee, ampie e asciutte, lunghezze, più corte o più lunghe, tutte abilmente misurate e in costante equilibrio.

Le scelte decorative fungono da strutture dinamiche che, senza imporsi con eccessi forzosi, animano carattere e originalità.

L’ensemble complessivo ha una freschezza promettente, portabile e una femminilità, anche quando più esplicita, raffinata ed evoluta, di dimenticata memoria.



Read More