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   IVO MILAN – Radical Fashion Blog

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Abbigliamento

A continua riprova di quanto labili siano i confini tra arte e moda all’interno della cosiddetta scuola giapponese, segnaliamo la curiosa installazione realizzata per la boutique di Issey Miyake a Tokyo, dall’architetto Yoichi Yamamoto.

Una carrellata di sedie azzurre, su cui stanno appesi e appoggiati i colorati cappelli del più illustre modista nipponico, Akio Hirata.


La naturale collocazione dei copricapi cela, in realtà, un artificiale ed illusorio effetto ottico, giocato su un’ingegnosa combinazione di elementi tridimensionali, gli schienali, e bidimensionali, le gambe delle allegre seggiole azzurre.


Se si osserva la vetrina da una certa angolazione, l’apparente semplicità dell’allestimento riesce ad ingannare l’ingenuità dello sguardo. Solo spostando il punto d’osservazione, con grande sorpresa per il passante distratto, il complesso trompe l’oeil viene risolto.

Un’ulteriore testimonianza dell’imprescindibile valore aggiunto apportato da competenze che si compenetrano a vicenda, ma anche, dal considerare la facciata di un negozio non come effimera bacheca di capi in vendita, bensì, come spazio privilegiato su cui allestire astratti esercizi del pensiero, da condividere, responsabilmente, con un pubblico in movimento.


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Continua la panoramica all’interno di Ivo Milan. Dedicata, in particolare, a tutte coloro che ancora non hanno avuto occasione di recarsi nel centro storico di Padova, alla scoperta degli spazi del negozio di via Santa Lucia.

Scorci di una realtà quotidiana, dove il lavoro e il rapporto con le persone si fondono in una comune passione per il vestire, l’arte e la parola. Un ambiente in continua trasformazione, con installazioni e vetrine settimanalmente allestite per mostrare come, fornitori diversi, possono coesistere ed essere abbinati in base ai gusti, gli stili e le necessità più eterogenee.


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Dopo una lunga eclissi, un grande ritorno.

XII XII XLIX, data di nascita del noto stilista italiano, sottolinea la riappropriazione di un marchio per anni vittima di pesanti controversie sui diritti del brand e rilancia una collezione autenticamente pensata e disegnata da Romeo Gigli.

Folgorante rivelazione per la storia del costume italiano, dominata a metà degli anni ottanta da un modello femminile androgino racchiuso nei geometrici e spigolosi tailleur alla Armani, Gigli seppe spiazzare ed affermarsi con sagome in opposta tendenza.

Laddove si inneggiava alla donna manager, in una latente tensione competitiva col proprio partner maschile, Gigli fece esplodere e rifiorire una femminilità ancestrale ed eterea, raccolta in silhouettes vagamente rinascimentali. Un potente omaggio all’aggraziata sensualità del corpo e dell’identità femminile. Una rivoluzione che ha, almeno nel mondo della moda, letteralmente abbattuto quell’equivoco della lotta fra i sessi che tendeva ad omologarne personalità e destini.

La collezione estiva, pur non raggiungendo l’estensione e la complessità stilistica delle articolate proposte del passato, discretamente, ne ripropone lo spirito. Morbidi jersey, spalle scoperte, nodi, sovrapposizioni, lievi asimmetrie e vezzose lavorazioni in seta, espresse in tonalità oscillanti tra la calda densità dell’ocra e dell’arancio e la concentrazione, a volte metallica, del nero, grigio e blu, richiamano quella femminilità così caratteristica, da esser descritta semplicemente in associazione al suo nome, “alla Romeo Gigli”.

Passare in rassegna i vari capi, risveglia nostalgici ricordi intorno ad un’epoca che ha visto, meritatamente, la moda italiana al centro della scena internazionale.

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Uscita dal National Institute of Design and Technology di Ahmedabad, Aneet Arora firma la propria linea col marchio Péro, che in Marwari, una delle lingue diffuse nel Rajasthan, significa, semplicemente, “indossare”.

Péro outfitCome produttrice di tessuti e abiti, Aneet parte dalla ferma convinzione che le nuove tendenze emergano tra i colori, le combinazioni e lo stile delle popolazioni locali, considerate in tal senso le vere trendsetters della contemporaneità.

Inutile dunque seguire la moda nella sua alternanza stagionale, meglio accompagnare e rielaborare quel serbatoio naturale che, quotidianamente, ci ruota attorno.

Ma il mondo in questione è il ricchissimo e vastissimo subcontinente indiano, una galassia sterminata di culture che coesistono da secoli e da secoli sperimentano ed incrociano spettacolari competenze tessili e cromatiche. Péro attinge da queste antiche tradizioni indigene per creare pezzi di estrema laboriosità tecnica, dove colori e materiali prendono forma insieme nel paziente lavoro al telaio.

Non solo cotoni e sete di rara qualità determinano il valore di ogni capo, ma l’artigianalità della realizzazione è tale che ogni prodotto mantiene un’unicità estranea a qualsiasi serialità di produzione industriale. Quando i disegni non provengono dal metodico intreccio del telaio, risultano da minuziosi timbri in legno fatti a mano, mentre, dettagli come i bottoni, rivelano la preziosità dell’argento.

Detail Péro

Detail Péro
Le linee, comode ed ampie, mostrano infine la singolare abilità di Aneet nel riuscire ad integrare un’ispirazione di dichiarata matrice etnica, con elementi moderni e cosmopoliti, evidenziati dal frequente ricorso a fantasie asimmetriche e lievi sovrapposizioni.

Péro
In un’epoca globalizzata, Péro di sicuro propone un interessante ed originale modo di vestire, ma rappresenta prima di tutto un esempio eccellente di erudite ed imperdibili contaminazioni.

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Sacai
La quasi decennale collaborazione con Junya Watanabe e Rei Kawakubo, non ha impedito ad Abe Chitose, designer del giovane marchio Sacai, di prendere le distanze dagli illustri maestri e dar forma ad una personale ed autonoma interpretazione sulla moda ed il vestire.

Mentre la cosiddetta scuola giapponese è più propensa a trattare l’abito per il suo potenziale artistico, Chitose lo riporta alla sua funzione originaria, quella di accessorio che deve adeguarsi ed essere compatibile con le diverse esigenze del quotidiano. Questa prospettiva, assolutamente concreta e pratica, dà rilievo alla scansione temporale e spaziale della nostra vita sociale e si impegna a risolverne le varie circostanze. Per farlo, Chitose ricorre agli schemi formali classici degli abiti di uso comune, soprattutto occidentali, ma non rinuncia a sezionarli per poi ricomporli applicandovi quella sensibilità poetica acquisita nel proprio ambiente formativo.

Nell’originale sincretismo tra oriente ed occidente, si ritrovano abiti a tubino, trench, blazer ed anche un esplicito tributo a Chanel, celebrazione, al contempo, di una femminilità intramontabile, dall’eleganza innata.

Senza farsi imbrigliare dalla noiosa monotonia della regolarità, Sacai spezza il ritmo introducendo accorti espedienti che tradiscono sistematicamente quanto i nostri occhi si aspettavano: sovrapposizioni di tessuti appena abbozzate; sobri punti di congiunzione tra stampe e materiali differenti; inaspettate increspature o faldoni mimetizzati dall’apparente prevedibilità delle forme.

Nel delicato equilibrio tra ricerca e ripetizione, a prendere il sopravvento è un’impeccabile, raffinata ed essenziale silhouette femminile.

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