Junya Watanabe A/I 2024-’25
Non sono mancate le occasioni per presentare l’opera di Junya Watanabe, designer giapponese storicamente prodotto dalla Maison Comme des Garçons, tra gli illustri ospiti dell’esposizione Radical Fashion al Victoria and Albert Museum di Londra nell’ormai lontano 2001, da cui l’omonima pubblicazione.
Origami, minuteria metallica, eco-pelle sono gli elementi di volta in volta utilizzati e caratterizzanti un linguaggio fortemente riconoscibile, sempre al confine tra tendenze avanguardiste cyber-metropolitane e arti figurative.
L’abito, secondo la filosofia inaugurata dalla scuola giapponese, da Rei Kawakubo a Issey Miyake, Yohji Yamamoto, ecc. trascende la sua semplice funzione decorativa, di medium e filtro di rappresentazione sociale, diviene piuttosto un’occasione creativa e un espediente tessile di complessa realizzazione.
Per l’autunno/inverno in corso, patchwork materici evocano il lusso ostentato, quanto irresponsabile, della pelle di serpente, ma con Watanabe tutto è finzione e le forme, inedite e scultoree, delineano poetiche agli antipodi di ogni volgarità. Le silhouette si espandono, come nel cappotto ‘spaziale’, dal volume abilmente bilanciato in una mantella a spirale racchiusa nelle spire di simil pelle cucite sul melton pesante di lana, o si attenuano nella più sobria versione con la manica scesa. L’abito asciutto in eco-pelle di serpente, in realtà un gilet lungo indossabile anche su più semplici soluzioni, non trascura elementi di femminilità dal carattere più esplicito. Immancabile il denim, nelle collaborazioni con la Levi’s, decostruito e ricomposto secondo il tema della stagione.
Il ritmo ardito è una sinfonia di note acute e toni più pacati, una laboriosa composizione tra contesti quotidiani lontani dalla noia ed eventi mondani di maggior slancio e intensità espressiva.
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